Il rinnovamento culturale si manifestò nel primo Rinascimento con la trasformazione dell’educazione scolastica. Fino ad allora i libri e il metodo didattico usato nel Trecento consisteva nell’adottare i testi medioevali dei rinomati auctores otto consistenti in filastrocche da imparare a memoria. Rapidamente, anche se ancora nel Quattrocento erano stati riprodotti a stampa, scompaiono i testi medioevali e le nuove generazioni studiano i classici nelle lingue originali: latino, greco, ebraico.
I centri della diffusione di questo nuovo sapere sono le nuove scuole di arti liberali, le cancellerie e le corti dei principi dove si insegna alle nuove emergenti classi borghesi come amministrare il potere e guidare i popoli servendosi dell’arte retorica, delle nuove ideologie e di un sapere storico, economico e sociale.
Il primo Umanesimo penetra anche nelle Università causando polemici contrasti tra i vecchi Studia universitatis e quelle nuove scuole sorte sotto la protezione delle corti e delle cancellerie. Gli studia humanitatis acquistano rinomanza per l’insegnamento della grammatica, della retorica e della dialettica a cui si aggiunse presto la didattica dell’aritmetica, della geometria e dell’astronomia mentre nelle tradizionali università permangono difficoltà all’accoglimento del nuovo sapere che ora, implicando anche il commento e l’analisi filologica delle grandi opere greche, dà l’avvio al rinnovamento della scienza.
Il rinnovamento operato dagli studia humanitatis si esprime nel nuovo concetto di cittadino dei secoli tra il Quattrocento e il Seicento. Lo Stato di allora cercava nuovi politici esperti delle nuove professioni e insieme in grado di gestire la cosa pubblica. Valeva ancora la definizione aristotelico e ciceroniana di uomo come essere politico che deve occuparsi della res publica. La scuola lo preparava presentandogli i grandi modelli del passato con lo studio dei classici strumenti per la formazione dello spirito sociale.
Nel nuovo rinascimento gli studia humanitatis per l’insegnamento della grammatica hanno completamente perso rinomanza , inoltre quelli per l’insegnamento della retorica e della dialettica sono stati completamente soppressi . Questo oblio degli studia humanitatis ha portato tra il settecento ed il novecento al nuovo concetto liberale di concedere a tutti indistintamente la cosiddetta “cittadinanza”, ossia i diritti politici; lo Stato ha quindi scelto i nuovi politici fra le assemblee popolari di piazza anziché fra esperti delle nuove professioni, i quali spesso non sono poi stati in grado di gestire la cosa pubblica. Per salvare il nuovo rinascimento vale quindi ancora oggi la definizione aristotelico e ciceroniana di uomo come essere politico che deve occuparsi della res publica. La scuola dovrebbe pertanto preparare i nuovi politici in apposite nuove scuole presentandogli i grandi modelli del passato con lo studio dei classici strumenti per la formazione dello spirito sociale.